Luis e la polvere di gennaio in Sud Sudan
Il vento, rossiccio, crea piccoli turbini sulla strada di terra rossa, secca, polverosa. Questa è la stagione secca in Sud Sudan, siamo nel bel mezzo del brevissimo “inverno” sud sudanese. Un inverno relativamente mite per gli standard europei ma assolutamente peculiare. Notti fresche in cui bisogna usare la copertina, oppure almeno un lenzuolo per difendersi dalla brezza che entra dalle finestre senza vetri. Le mattine sono ritardatarie, il sole sorge tardi, appena prima delle 7.30 ma tramonta anche un po’ dopo del solito, verso le 7-7.15 di sera. La palla arancione del grande sole africano fa meno paura in queste settimane, e anche al suo picco, verso mezzogiorno, non punge e non fa sudare, una sensazione strana visto che per la maggior parte degli altri mesi, la vita in Sud Sudan e’ una continua rincorsa al ventilatore per non doversi cambiare di camicia 3 volte al giorno.
Si sta bene in questa stagione, almeno, io sto bene. Non si puo’ dire lo stesso dei sud sudanesi, i nostri guardiani, specialmente lo smilzo Luis, arriva alle 7 di mattina coperto da testa a piedi, con la giacchetta chiusa, il cappello calato e i bizzarri occhiali da sole trasparenti a coprirgli gli occhi. Luis uno dei personaggi della nostra vita a Wau, un guardiano preciso, dolce, gentile, amichevole con tutti. Insomma, Luis e’ un vero e proprio animatore della vita a casa ACTED, tutti gli autisti, tutti i miei colleghi lo conoscono, lo salutano volentieri, ci ridono sempre insieme e spesso ci trascorrono tempo insieme, sorseggiando un te, condividendo una kisra oppure semplicemente sedendosi nel soppalco dal quale si puo’ tranquillamente osservare la vita che scorre sulla rossiccia e polverosa strada davanti casa. Purtroppo non capendo l’ arabo non siamo mai riusciti a carpire il segreto di Luis, come faccia ad essere tanto socievole con tutti, alla prima occasione e a far ridere spesso e volentieri anche persone notoriamente seriose e timide. Rimarra’ uno dei tanti segreti del Sud Sudan, si accumulera’ nella nostra memoria fra le tante cose non comprese, anche questo significa aver vissuto in un posto, avere la consapevolezza di quante cose non si comprendono, ma che, per forza di cose si accettano o si devono accettare.
Gennaio è un mese strano, le giornate sono ventose, niente e che vedere con le tempeste di sabbia dal Sahara che colpiscono il Sudan, qualche centinaio di chilometri a nord ma pure sempre vento portatore di polvere. Eh si, la polvere, che si accumula dappertutto in poche ore, in pochi minuti, basta una folata ed ecco che la scrivania che stai usando si ricopre di uno strato di polvere come quello di un vecchio gioco che avevi da bambino messo in soffitta per anni. La polvere, rossa e sottile e’ ovunque, fuori, ma soprattutto dentro di noi, questo si capisce alla prima soffiata di naso. Un’ altra delle sensazioni frequenti in questo breve inverno sud sudanese e’ la sensazione di secchezza, la pelle, le labbra, i capelli si seccano in continuazione, le piante si riposano e un po’ ingialliscono, tutto sembra un po’ piu’ lento ed i mesi umidi, fangosi e piovosi sembrano un lontano ricordo. La stagione secca e’ anche la stagione in cui i pastori fanno fatica a trovare erba a sufficienza per le loro mucche e per questo si spostano, alla ricerca di pascoli e di sorgenti d’ acqua. Nella maggior parte dei casi il movimento e’ verso sud, milioni di mucche e centinaia di migliaia di pastori in tutti gli angoli del Sudan e del Sud Sudan si spostano verso sud, contendendosi pascoli e acqua che scarseggiano. Questo e’ uno dei motivi che porta allo scontro fra pastori e fra pastori e coltivatori, acqua, erba, terra, da migliaia di anni contese, al centro della vita di milioni di persone, unico sostentamento possibile, in una parola la vita. Una vita che si mantiene o si perde, nel giro di pochi secondi, nei secoli lance, frecce e coltelli hanno lasciato il posto ai kalashnikov, sempre piu’ spesso strumento necessario alla difesa (o alla conquista) del bestiame. Proprio per questo ogni notiziario alla radio e ogni notizia riporta ogni giorno decine di morti, decine di vendette, centinaia di persone arrestate. Questa e’ la stagione del conflitto per la terra, per l’acqua, per le mucche, ma anche per vendetta, per difendere il proprio onore e orgoglio, il proprio prestigio. Il conflitto, risolto con le mani, con i coltelli, con i mitra, etnia contro etnia, clan contro clan, corrente politica contro corrente politica, una guerra fra poveri, violenta, al tempo steso moderna e antica, tecnologica e rozza.
Bombe che piovono dal cielo e aerei che sorvolano cupi i cieli del Sud Sudan, in TV, facce paffute e ventri gonfi di birra, whisky e Coca Cola borbottano finte parole di pace e riconciliazione, “le parole dei sud sudanesi sono come gli uccelli” ho letto da qualche parte, questo e’ sicuramente vero per i tanti leader, grandi e piccoli di questo paese, neonato e gia’ storpio, storpiato dalla corruzione, arroganza e avidità dei proprio leader che volano da una parte all’altra dell’Africa alloggiando in alberghi di lusso a far finta di negoziare la pace. Qui, dove i loro cittadini vivono sappiamo che sono solo promesse e che alla prima occasione buona ci sara’ un nuovo attacco, una nuova pioggia di pallottole e proiettili di mortaio, l’unica pioggia che cada sul Sud Sudan nella stagione secca. Un pioggia che porta solamente sangue, morte, distruzione e fame. Un paese intero ha il fiato sospeso, milioni di persone che rischiano di morire di fame fra 2 o 3 mesi, migliaia di giovani affamati ed esaltati pronti a sparare, aggredire, saccheggiare, stuprare. Anche questa e’ una delle cose che non ho ancora compreso di questo paese e che credo mai comprenderò.
Fuori, il cielo azzurro, silenzio, gli uccelli cinguettano, le foglie dell’albero di limoni fruscia. Si sente un motorino in lontananza, i bimbi passano facendo rotolare un cerchio sulla terra, rossa, secca, i loro passi, la loro corsa alzano la polvere, secca e rossiccia. Un brivido mi percorre la schiena, e’il vento del nord, spazza le foglie secche, rinfresca l’aria e porta polvere, ma anche sangue, bombe e distruzione. Gennaio e’ un mese strano, il Sud Sudan un violento e drammatico, ma affascinante groviglio incomprensibile. Col sole di mezzogiorno, Luis si e’ ormai tolto la giacca ed e’ rimasto con la sua pulita divisa kaki, premuroso, apre il cancello e mi saluta con un sorriso, quel sorriso semplice e gentile che affascina e conquista tutti, per fortuna, in Sud Sudan, ci sono anche i sorrisi di Luis.
Stefano Battain