Viscri, il paese fuori dal tempo amato dal principe Carlo
Dopo che si lascia alle spalle Padurea Bogatii, la grande foresta a nord di Brasov, la statale ondeggia tra le colline verso la città medioevale di Sighisoara, per scendere poi verso Sibiu, la capitale del barocco transilvano. Nel triangolo disegnato da queste tre antiche città murate, si stende un mondo germanico fatto di piccoli villaggi.
Ovunque tra le colline spuntano i campanili delle chiese fortificate dei sassoni, testimoni di un passato ormai dimenticato. Queste chiese-fortezza hanno salvato la vita dei transilvani nei tempi bui delle invasioni dei mongoli e dei turchi. Adesso sono diventate la prova tangibile di una Transilvania multietnica, che ha perso una parte della sua anima con la partenza dei sassoni dopo otto secoli di presenza constante su queste terre. Quello che non sono riusciti a fare i turchi in secoli di invasione, è riuscito a fare il regime comunista in mezzo secolo. I tedeschi della Transilvania sono ormai un ricordo. Ma ogni anno, i loro eredi tornano a ridare vita alle loro chiese e per curare le tombe dei loro cari.
Lungo la statale, un indicatore appena visibile segna la direzione verso Viscri, un paese che sicuramente non dice nulla al turista straniero, ma a volte nemmeno ai romeni. La strada diventa bianca e polverosa appena lasci la statale, non promettendo nulla di buono.
Andando piano lungo la striscia di ghiaia rumorosa, ti allontani sempre di più dalla civiltà segnata solo dai pali della luce, per sprofondare in pieno Settecento. Un’ ultima salita, poi si intravede in lontananza il paese dominato dalla grande chiesa fortificata. I suoi muri bianchi contrastano con le torri coperte in legno nero, segno distintivo dell’architettura contadina sassone.
Lungo la strada principale del paese le anatre e le oche fanno da padrone, camminando lentamente verso il piccolo ruscello, attente a non disturbare il tempo che si è fermato tre secoli fa. Un paio di case ristrutturate, nel rispetto dei segni del tempo passato, sono l’unico segno della presenza discreta del principe Carlo d’Inghilterra, che da anni ha scelto di passare le sue ferie in mezzo a questi uomini semplici, lontano dai fasti di Buckingham Palace.
Sulla piccola collina in mezzo al paese, fra le corone ricche dei tigli e alberi di frutta, si alza l’antica chiesa fortificata. All’ ingresso, incurante del passare del tempo, si trova seduta la vecchia custode della chiesa evangelica. Mentre aspetta i turisti che si avventurano fin qui, la signora, una dei pochi sassoni superstiti, lavora la maglia in lana grezza. Ti riceve con un sorriso malinconico, consapevole che queste mura vivranno fin quando ci sarà qualcuno a raccontare la loro storia. Sono storie di amore, di odio, di guerra e di pace . Sono racconti di un tempo passato a cui lei appartiene e che non avrà più molta pazienza.
Teodor Amarandei
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