Cara Fabbrica: Gina, Antonia e le tivù

operaieTVGina e Antonia: due giovani donne operaie. Lavoravano negli stessi turni nella fabbrica di televisori, quella che ha portato il piccolo schermo nelle case del Nordest, quella che ha fatto concorrenza ai tedeschi, ma che a quell’epoca, coi prodotti cinesi e gli assemblati tra Cina e Corea viveva anni di crisi.

Due ragazze semplici, la Gina e l’Antonia, che abitavano giù verso il quartiere Lovelli dietro il canale. Ragazze senza grilli per la testa: lavoro prima di tutto e poi qualche sera al cinema. D’estate un gelato la domenica o la cioccolata calda d’inverno, il giovedì in pizzeria con le amiche e colleghe. In fabbrica erano entrate dopo il diploma: stessa scuola, stessa classe, stesso banco, ora anche vicine in fabbrica. Ragazze d’oro dicevano in quartiere. La Gina a tempo perso faceva anche la parrucchiera e andava a casa delle clienti, ma si accontentava di tre/quattro volte al mese tanto per guadagnar qualche euro in più sullo stipendio. Certo non li spendeva in vestiti né in gioielli, la Gina vestiva con jeans e felpa d’inverno e gonnellina e maglietta d’estate. Qualche volta si fermava dinnanzi alle vetrine del centro restando a bocca aperta a vedere quel luccichio d’oro e d’argento di anelli e braccialetti, ma poi passava oltre e via. L’unico suo vezzo erano i capelli che portava lunghi sciolti e quando era in fabbrica si faceva la coda o una treccia alta sulla nuca.

BrionvegaL’Antonia – invece – era solo un po’ più vanitosa e qualche capriccio l’aveva: ad esempio le meches sempre a posto e quel rossetto a volte pesante a volte leggero che le incorniciava le labbra. E poi ogni tanto qualche anellino d’oro le compariva all’anulare, ma erano quelli della sorella maggiore che era fidanzata ad un industriale del paese vicino e quando lei era fuori, li sfoggiava l’Antonia per qualche ora, ma senza presunzione, così per sentirsi più grandicella.

Erano amiche per la pelle; le si vedeva sempre assieme tanto che i genitori dicevano spesso a loro di trovarsi un moroso e di staccarsi un po’ che poi c’erano le malelingue in paese ecc ecc.

Un giorno all’Antonia capitò però un fatto, molto strano per la Gina, ma normale per una ragazza di vent’anni. Era arrivato in fabbrica Salvatore, un nuovo operaio, uno dei pochissimi maschietti di quel reparto; era stato assegnato alla macchina vicina a quella della Antonia, e la Gina invece non poteva vederlo dalla sua postazione. All’Antonia era piaciuto subito moltissimo e a vederlo la prima volta le si erano illuminati gli occhi, lo aveva notato la Gina che conosceva bene la sua amica. La Gina ne fu subito gelosa perché voleva l’Antonia solo per sé e non certo che si invaghisse di un ragazzo, specialmente un foresto, uno del sud.

armadiIl ragazzo era di Catania ed era salito al nord con la famiglia ancora anni prima; dopo qualche lavoretto saltuario, eccolo lì in fabbrica davanti a lei, bello nel suo incarnato scuro, con gli occhi neri e tanti capelli ricci. Era il tipo dell’Antonia. In più aveva una parlantina vivace che incantava e l’Antonia, che non era mai stata di tante parole nemmeno con la Gina e con le amiche, ne rimase incantata. L’Antonia, in fabbrica, alla macchina cominciava a distrarsi, lo sbirciava tra il braccio del robot e i fili che scendevano giù prima che ne uscisse il pezzo. Lui rispondeva sempre con gli occhietti veloci e furbi. La Gina intuiva e si rodeva.

Finirono coll’uscire assieme di lì a un paio di settimane e l’Antonia scoprì le cose belle dell’amore, gli abbracci e i baci e siccome di ragazzi non ne aveva avuti prima, si innamorò perdutamente. Le piaceva che lui la stringesse forte con le braccia robuste che aveva e così si sentiva al sicuro. Ogni tanto nella pausa mensa dopo il caffè, lui la metteva con le spalle appoggiata al muro dietro lo spogliatoio delle donne e la baciava teneramente. Come si vede nei film, pensava l’Antonia. La Gina invece era molto scettica, accecata dalla gelosia pensava che Lillo (così si faceva chiamare Salvatore) fosse lì a prendersi gioco dell’Antonia e che lei dovesse difenderla. E comunque a baciarsi in fabbrica si correva un grosso rischio, perché al lavoro l’avevano detto chiaramente: niente effusioni, baci o roba simile tra uomini e donne e ad esser sorpresi a farli, si riceveva un richiamo prima verbale e poi scritto….e poi immaginiamo cosa avrebbero detto i colleghi e le colleghe. Le malelingue erano tante in fabbrica ed era come stare in un paese perché tutti si conoscevano e sapevano tutto uno dell’altro. La fabbrica era un nido caldo ed accogliente qualche volta ma sapeva trasformarsi in un covo di vipere pronte a mordere e ad iniettare il veleno tenuto in serbo per usarlo al momento giusto.

L’Antonia era spesso distratta, sbagliava il montaggio e una volta rischiò di farsi male, visto che non prestava abbastanza attenzione alla macchina dove lavorava; se non preparava bene il pezzo che il robot doveva prendere e girare, avvitando, rischiava di trovarselo scagliato addosso e farsi male.

depositi TVQuando la Gina venne a sapere che Salvatore e l’Antonia erano andati al cinema giù più di una volta e che l’aveva portata in pizzeria, la Gina non ci vide più. Un giorno poi li vide baciarsi come erano soliti fare dietro la mensa vicino allo spogliatoio e divenne rossa rossa in volto dalla gelosia. Gina le pensò tutte e ipotizzò persino per vendetta di sabotare la macchina di Salvatore, ma la cosa era difficile, viste le telecamere del reparto. Poi però le venne in mente un’idea di andarlo a dire al caporeparto; lui inizialmente scoppiò in una risata e disse che non voleva saperne di quella roba e che aveva cose ben più urgenti da fare che pensare alle donne o ai maschi in calore: disse proprio così e aggiunse che se lei era gelosa del siciliano o dell’Antonia si andasse a trovare un altr’uomo che non ne mancavano lì in paese e che lui pure era disponibile. E la congedò con un gesto volgare.

La Gina si arrabbiò ancor di più, oramai il verme della gelosia le rovinava anche le notti: dopo anni di amicizia e complicità, l’Antonia aveva rotto il patto e lei non se ne dava pace. Era come quello strappo lacerante quando si inceppò la macchina avvitatrice, che alla Marialaura aveva portato via non solo il camice, ma anche un pezzo di carne proprio sul seno e non se l’era cavata se non con mesi di ospedale: le avevano sentite tutti le grida quel giorno. Invece il dolore della Gina lo sentiva solo lei e non poteva parlarne a nessuno. Decise allora di andarlo a dire più in alto in ufficio del personale al direttore responsabile: gli riferì il fatto come l’aveva visto e dicendo che la tresca continuava ogni giorno e dove e a che ora…Il direttore del personale che era uomo oltre la cinquantina, uno disposto a impugnare anche il minimo cavillo pur di danneggiare qualcuno dei dipendenti e farsi notare dal direttore generale, magari per una promozione, prese nota di tutto per filo e per segno e confermò che entro breve avrebbe provveduto.

L’Antonia dopo pochi giorni fu spostata dal settore B, dove stava vicino a Salvatore ed entrambi ricevettero un richiamo scritto. La fabbrica e le sue regole avevano vinto sull’amore… eppure non finiva lì. La Gina non era ancora soddisfatta perché la gelosia è dura a spegnersi, non basta l’acqua ci vuole la schiuma antincendio come quella lì dentro agli estintori…che aveva visto come funzionavano il giorno che prese fuoco una parte della sua macchina e aveva dovuto scappar via chiamando aiuto. Ed erano venuti subito con l’estintore e la schiuma e avevano riempito la sua postazione così che poi per due giorni avevano chiuso il reparto.

La Gina un giorno nello spogliatoio provocò l’Antonia con parole grosse e risatine ironiche finché questa la prese per la coda di capelli lunghi che portava come sempre raccolti quando era orario di fabbrica e la fece cadere a terra; l’Antonia fu sospesa per qualche giorno. Quando in fabbrica qualche mese dopo si dovette mettere in mobilità una parte del personale, l’Antonia fu tra le prime operaie, per volere del direttore: che di operaie che avevano voglia di lavorare ce n’erano eccome e senza le caldane dell’Antonia.

Pochi giorni fa l’Antonia si è sposata con l’abito bianco in chiesa incinta di 5 mesi di Mario, un ragazzo del suo stesso paese; nascerà un maschietto e lo chiamerà Luigino.

La Gina invece, alla faccia della gelosia, dopo qualche mese dal’episodio del litigio scappò con Lillo (Salvatore) che si era mollato con l’Antonia. Pare che li abbiano visti a Catania: lei al banco di un bar e lui seduto al tavolo a leggere e fumare.

La fabbrica ora sta chiudendo: chi vi entra e passa dallo spogliatoio delle donne vede ancora i segni della lotta tra la Gina e l’Antonia, lo specchio è rotto e c’è ancora il prendicapelli della Gina sopra la panca, ora non lo usa più perché li ha tagliati corti e si è fatta bionda.

Bruna Mozzi

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