Cile, 40 anni fa il golpe
Più di 3300 persone uccise o scomparse nel nulla, senza neanche un cadavere su cui piangere. Trentottomilacinquecento casi di detenzione illegale, torture, violazione dei diritti umani. L’11 settembre del 1973, 40 anni fa, moriva in circostanze mai del tutto chiarite, probabilmente togliendosi la vita, Salvator Allende (dopo aver lasciato un messaggio in radio), presidente di un Cile vittima del colpo di stato militare di Augusto Pinochet che porterà, fra il 1973 al 1988, quella scia di terrore e morte che i numeri descritti in testa fanno comprendere nella dimensione, ma difficilmente nella durezza.
Tale violenza, se non si prova sulla propria pelle o indirettamente attraverso familiari, compagni, amici, è quasi incomprensibile. Eppure c’è. Persino il poeta Pablo Neruda, morto ufficialmente di cancro alla prostata dodici giorni dopo l’inizio del golpe, fu forse fatto avvelenare da Pinochet. Già nel 1974 il dittatore fece approvare una legge di amnistia, per coprire le malefatte dei suoi generali e militari nei giorni del golpe e in quelli successivi. Alcuni casi di omicidio o sparizione non sono nemmeno stati indagati, presi in considerazione. Lasciando mamme, fidanzate, figli a piangere e tenere viva la memoria.
Amnesty international, in occasione dei 40 anni del golpe, chiede al governo cileno per fermare impunità passate, presenti e future, affinché certi crimini non avvengano mai più.
Ecco il testo dell’appello.
In particolare, chiediamo l’abolizione del decreto legge 2191, conosciuto come legge d’amnistia; approvato durante il regime di Pinochet, si estende dall’11 settembre 1973 al 10 marzo 1978, ed è tuttora in vigore. Negli ultimi anni, alcune sentenze su sparizioni forzate ne hanno escluso l’applicazione, ma il provvedimento ancora getta un’ombra pericolosa su futuri procedimenti legali riguardanti le violazioni dei diritti umani del passato.
Il Cile deve inoltre riformare il codice di giustizia militare affinché i crimini commessi da esercito e polizia siano indagati dalla magistratura civile e sottoposti a processo nei tribunali ordinari, anziché in corte marziale. Il sistema di giustizia militare ha costantemente privato le vittime della giustizia, alimentando il clima d’impunità. Le modifiche del 2010, che hanno escluso gli imputati civili dall’applicazione della giustizia militare, sono state un passo avanti ma insufficiente. Le proposte di riforma all’esame del parlamento devono assicurare che le violazioni dei diritti umani commesse dalle forze di sicurezza siano processate nei tribunali civili, in modo da garantire i principi d’imparzialità e del giusto processo.
Le iniziative delle vittime e dei loro familiari per conservare la memoria storica sono state fondamentali per creare una repulsione collettiva delle violazioni dei diritti umani, come le sparizioni forzate, commesse in Cile. Perché tali crimini non si ripetano, è fondamentale sostenerecon misure adeguate e durature queste iniziativee i programmi di educazione ai diritti umani. Chiediamo, infine, che i diritti umani siano messi al centro di ogni politica e programma.
Queste richieste, rivolte al presidente Sebastián Piñera e al parlamento, sono contenute in un appello da firmare sul sito di Amnesty International Cile. Consegneremo le firme alla vigilia del 40esimo anniversario dell’11 settembre 2013. Firma l’appello!
Leggi Le ultime parole di Allende
Sul tema c’è anche la storia di Enrico Calamai, lo Schindler italiano, che salvò tanti giovani dalla dittatura argentina, e il post sulla morte di Videla, a maggio scorso.