Basilicata, se Cristo tarda ad arrivare
“Spalancai una porta-finestra, mi affacciai a un balcone, dalla pericolante ringhiera settecentesca di ferro e, venendo dall’ombra dell’interno, rimasi quasi accecato dall’improvviso biancore abbagliante. Sotto di me c’era il burrone; davanti, senza che nulla si frapponesse allo sguardo, l’infinita distesa delle argille aride, senza un segno di vita umana, ondulanti nel sole a perdita d’occhio, fin dove, lontanissime, parevano sciogliersi nel cielo bianco” Carlo Levi, Cristo si è fermato ad Eboli
Questo che vi voglio raccontare non è una storia, un tassello di un viaggio. E’ più un’impressione, un qualcosa che ti senti dentro prima che fuori, che ti fa pensare che in fondo il reale e l’immaginato si compenetrano spesso, ed è bello così. La Basilicata serve prima di tutto a capire che siamo parte di un ingranaggio che di noi se ne frega, guardandoci a volte benevolo, a volte indefferente: la Storia. Perché niente più che un viaggio in terra Lucana ti ricorda come quello che tu puoi fare è un’inezia, tutto è già deciso.
Che bel pippone m’è venuto. Se lo rileggete bene, noterete che in fondo non vi sto dicendo niente, comunico solo una quieta rassegnazione, quella che mi ricorda come la Basilicata ha vinto su di me, e non c’era dubbio. Ma vi voglio raccontare oggi di due bellissimi borghi, Craco vecchia e Aliano, distanti una ventina di chilometri da loro (che, in termini di strade di Basilicata, sono 40 minuti di macchina). E voglio partire proprio da Carlo Levi, lo scrittore mandato al confino ad Aliano (Gagliano come la chiama nel libro) che poi ci ha raccontato la Basilicata degli anni trenta nel suo “Cristo si è fermato ad Eboli”. Ad Aliano è poi tornato, Levi: è sepolto là, nella parte più alta del paesello, il cimitero. Volevo subito darvi conferma: Cristo è ancora fermo ad Eboli.
Me ne sono accorto a Craco vecchia. Parte del paese comincia a franare nel 1963, a causa di alcuni interventi sbagliati dell’uomo. Quando si capisce la situazione, da Roma arriva l’ordine di sgombero. Tutti a Craco Peschiera, il paese ricostruito sette chilometri più a valle. Sul come è ricostruito, meglio lasciar perdere. In realtà Craco vecchia vedrà persone abitarci fino al 1999. Poi rimane come sfondo di film per Pasolini, Gibson, ecc. Ora, da tre anni e muniti di casco, si può visitare il fantastico borgo abbandonato. Ci porta un ragazzo, del posto. Ci racconta la storia, affascinante, del paese. E ci racconta come manchino le porte delle case, i pavimenti dei balconi, la croce della chiesa, sino all’altare, blocco di marmo inutilizzabile e invendibile. Perché? “Bè, si sono portati via tutto. Sai com’è”. No, com’è? E’ che “la gente si porta via tutto”. Così il patrimonio Unesco ti guarda, nella sua bellezza spettrale, come una donna di una certa età che si vede che era bella da giovane. Lo ravviva un odore di escrementi caprini. “C’è un pastore che ci porta le capre. Lui sta giù, sai com’è”. No, com’è? “Eh, ha litigato col Comune, storie di vent’anni fa, per ripicca ci porta le capre”. No, scusa, ma non si può mandar via uno che pascola le capre all’interno di un patrimonio Unesco? Silenzio, non si può. Quel ragazzo mi ricordava i “cafoni” descritti da Levi. Gente che sa che lo Stato, la Regione, una volta era il Duce, solo male possono fare. Gente che accetta tutto. Gente immota.
La Basilicata ha il petrolio. La Basilicata ha un patrimonio artistico-naturale invidiabile. Eppure è una delle Regioni più povere d’Italia, forse la più povera. Si abusa del termine dignitoso in questi casi, e io non vi dirò che le persone del posto sono dignitose. Di più, sono fiere. E questo stride con la generale supina accettazione di tutto quanto accade. Di tutto il malaffare. Di un mondo politico incistato con persone discutibili, che gestiscono il potere in poche stanze, sempre quelle da anni. Sulla magistratura lucana, meglio non dire. E’ famosa in tutta Italia, e non certo in positivo.
Salendo ad Aliano, poi, veniva in mente quanto raccontava Levi. E’ vero, il paese si nasconde, non lo intuisci subito. Prima di aprirsi alla sua bellezza, immerso fra calanchi che ti guardano come a dire: ma tu, cosa cerchi qua? La parola giusta è pace. Capisci che tutto è piccolo, che non conti poi granché, ma stai bene. Ad Aliano, Levi sicuramente riposa senza problemi. Il cimitero è simil-chiuso, dietro il cancello, sulla sinistra, la sua tomba, in un punto panoramico, dal quale dipingeva. Ti accompagnano i gatti, ma non disturbano.
Siamo poi andati a Pisticci. Guardate la foto sotto.
Pisticci è in fondo, dove ci aspetta il temporale. La grandine, l’acqua che non ti aspetti, altro che benedetta. Fra Craco e Pisticci c’è un ponte franato, da mesi. Come dappertutto, in Basilicata le strade non si chiudono. Si semi-aprono. Se vuoi procedi, ma a tuo rischio e pericolo. Fra Craco e Pisticci no, il ponte è proprio franato. Ma se vuoi salire a Pisticci da quel versante c’è una deviazione, certo. Bene, la si prende. La strada è spesso sterrata, lunghissima. Le buche, anche toste, sono la normalità. Il tempo è infame, ha appena grandinato su di noi, ora c’è una pausa. Silenzi, concentrazione. Alla fine si arriva a Pisticci, e ricomincia a grandinare. Questo scritto è per Anna Lanzillotta, 63 enne di Marconia. Passa con l’auto un quarto d’ora dopo noi, sulla stessa strada, ed è travolta da un torrente in piena. La ritroveranno due chilometri più giù, quando già è scesa la notte, senza vita.
A saperlo un brivido, forte, ma non fortissimo, perché siamo in Basilicata, e s’è capito ormai che tutto succede, noi possiamo solo guardare. Non era la nostra ora, sai com’è.
Enrico Albertini
foto Lorenzo Dalmonego, Guido Marini