Cronache dal Lido

Lei ha qualche anno meno di me, nei suoi 23 fatti di lunghi capelli scurissimi legati a treccia, nei jeans stinti e la tshirt con Andy Warhol, il suo idolo.

Abbiamo deciso il giorno prima di andarci… del resto lei abita a Venezia da qualche anno con la famiglia e studia lì all’Accademia; fa arte e cinematografia… una guida ad hoc per la Biennale del Lido. Io ci arrivo dopo aver lasciato l’auto alla periferia della città, aver preso il treno e essermi infilata nella ressa del vaporetto. Che sia il 5.1 o il 6… al Lido è proprio un’avventura arrivare. E meno male che non è sabato. Molti si lamentano che il vaporetto arrivi in ritardo: i o fa a posta! Dicono in dialetto veneziano; e mi accorgo che è così, ma penso che il motivo vero sia la mostra e il gran numero dei turisti e curiosi più numerosi in questi giorni. Molti son nervosi e tesi, anche qui come in terraferma sempre lì a guardare l’orologio: eppure non ci sono semafori …chissà forse Venezia sta cambiando, son cambiati – pare – anche i gondolieri.

Lei sale alle Zattere: un saluto, un abbraccio, due sorrisi ed eccoci già a parlare di film…e di arte. Potere dell’immaginazione: scompaiono i vicini di vaporetto, le chiacchiere in dialetto veneziano, gli idiomi stranieri. Vediamo solo il panorama e scatto varie fotografie. Venezia mi emoziona ogni volta.

La gente che spinge e i richiami dell’assistente in vaporetto ci fanno ritornare alla realtà; siamo in mezzo alla folla: è ora di scendere.

Al Lido non possiamo andare che a piedi giù fino all’Excelsior e al Palazzo del Casinò. Anche qui facciamo due foto alle palazzine in stile Liberty, nelle vie dedicate al dominio da mar dei Veneziani o alle battaglie della Serenissima: Via Corfù, Via Negroponte, Via Famagosta. I ricordi riaffiorano, sì quelli di quando incontrai anni fa Woody Allen e mi feci scattare una foto “da” lui invece che “con” lui o dell’altra volta che a Clooney che era venuto alla Biennale, riuscii a stringere la mano e senza pensarci gli dissi: Bravissimo Robert!!  Si ride e si scherza: è una giornata tepida di inizio settembre e Venezia ha colori ancora nitidi così come le spiagge qui al Lido. Il costume? Ce l’abbiamo? Il bagno lo faremo dopo.

Si passa davanti al Palazzo del Casinò: ritiriamo il pass alla biglietteria ed entriamo. Non abbiamo previsto proiezioni ed andiamo random qua e là a guardare chi guarda, a curiosare tra chi curiosa. Saliamo al palazzo delle esposizioni; troviamo un amico comune. Ci prendiamo un caffè e di nuovo fuori. Si raccoglie del materiale, si prendono i gadget del caso e si passa al Des Bains: un giro in terrazza, un bellini davanti al mare col sole che fa capolino tra le nuvole e qualche ricordo che affiora (per me) insieme ai progetti e alle nuove idee per il futuro (per lei). Qui le lingue di nuovo si confondono: inglese e francese soprattutto ma c’è anche qualche orientale e il dialetto dei camerieri là vicino alla pandora. Arriva un gruppetto di gente che parla a voce alta: sono romani e poi c’è della gente della televisione. Accidenti si fanno sempre riconoscere per baccano e stanno infastidendo. Ci decidiamo a tornare e riprendiamo il 6. Ora è quasi vuoto e ci godiamo il panorama. Si scende a san Marco per due passi ma c’è troppa folla: Venezia val bene una giornata di inverno o di nebbia quando i turisti sono a casa e le calli son libere, quando qualche volta vado a farmi un cicchetto ed un’ombra alle Fondamenta Nuove dal mio amico Giobatta che ha una vecchia ostaria  in quel sestriere.

Ma non c’è più tempo; solo una visita veloce ad un palazzo vicino al ponte dell’Accademia. La saluto e rientro: di nuovo il treno e poi l’auto. Ciao Venezia: città di sogno, cara amica così vicina così lontana…

Bruna Mozzi

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Photo by Uta Scholl on Unsplash

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