Capossela, alba sulle dolomiti

E’ iniziata alle tre di notte con uno spettacolo grandioso. La lunga processione di centinaia di appassionati che risalivano verso il rifugio Vaiolet, centinaia di luci nell’oscurità che avanzavano faticosamente e con un leggero brusio per arrivare a quota 2.240 metri nel cuore delle dolomiti. Armati di sacchi a pelo, zaini, cibo: tutto quello che serve per affrontare una notte al freddo e un risveglio in uno scenario incantato, trasformato in teatro per ospitare lo spettacolo di Vinicio Capossela a Suoni delle Dolomiti 2013.

“Antropos significa ‘colui che guarda in alto’. Quale momento migliore di oggi per apprezzare il nostro nome più antico?”. Salutando il suo pubblico giunto da tutto il nord Italia per ascoltarlo, Vinicio Capossela ha spiegato così il titolo del suo spettacolo per omaggiare l’alba al rifugio Vajolet.

Questo è indubbiamente il posto più vicino al cielo in cui sia mai stato” ha tenuto a precisare Capossela. Il suggestivo spettacolo, programmato per le sei del mattino, non ha tuttavia risparmiato qualche imprevisto. Il numero di partecipanti, circa 2.500 (ma alcuni dicono 5.000) come da previsioni, ha messo in difficoltà il sistema di trasporto con lunghe attese per il bus navetta che da Pera di Fassa avrebbe dovuto portare parte del pubblico – quello che non aveva optato per la funivia da Vigo – fino al Gardeccia per proseguire poi a piedi. Il concerto è stato dunque fatto slittare alle 8 fra le proteste di coloro che avevano trascorso la notte già in loco fra coperte e sacchi a pelo in attesa della performance.

Capossela ha però deciso di attendere comunque l’alba con i presenti, regalando 40 minuti di performance ‘trobadorica’ anticipata, prima delle due ore filate con cui ha poi incantato il pubblico a partire dalle 8.

In veste di ultimo aedo calato nella modernità, accompagnato da un’orchestra di cinque elementi fra cui il musicista cretese Psarantonis e i suoi figli, l’artista ha regalato atmosfere omeriche spaziando dalle sonorità dell’ultimo album, “Rebetiko Gymnastas” fino a quelle fiabesche di “Marinai profeti e balene”.

“I  Suoni” hanno permesso inoltre a Vinicio di realizzare il desiderio che aveva espresso in occasione del suo ultimo concerto in Trentino: portare sul palco i Krampus. Poco prima della fine del concerto di ieri, sulle inquietanti note di ‘Non trattare’, hanno fatto il loro ingresso in scena due esemplari di un essere mostruoso: il Drach d’Antermoa, ladino per indicare il leggendario drago del Catinaccio d’Antermoia.


A impersonarli il cantautore nato e cresciuto in Germania ha chiamato due artisti di Canazei che ogni anno a San Nicolò portano le maschere dei diavoli pelosi e cornuti in giro per la Val di Fassa. Ma il momento più atteso è stato quando è andata in scena una versione ‘montana’ de ‘Il ballo di San Vito’ che ha trasformato istantaneamente in ballerini l’esercito di escursionisti distesi ai piedi delle Torri del Vajolet.

IMG_0458.jpgPostscriptum. Freddo, caldo, sudore, pochi bagni. Ascoltare una canzone mezzo addormentati e con due ore di sonno in corpo non è facile. E ‘impatto di due-tremila persone tutte insieme sulla montagna fanno pensare. Non siamo sicuri che in questo caso – con un musicista di troppo successo – la formula di Suoni delle Dolomiti sia risultata pienamente positiva. Al termine del concerto (alle 10 del mattino)  ci siamo incamminati verso la Roda di Vael (che non abbiamo raggiunto perché troppo distrutti dal sonno) ma la cosa che ci ha più colpiti è stato l’immediato e repentino scemare a valle del 70-80 per cento delle persone che avevano raggiunto tanta meraviglia per ascoltare Vinicio e che, con gli occhi che si chiudevano, non hanno avuto la forza di continuare a guardare in alto.

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