Istanbul, la protesta più forte della repressione

L’ultima stima fatta stasera dal BARO, cioè dall’unione degli avvocati, dice che 390 sono i fermi di oggi, nella sola Istanbul. Alle 8 arrestavano manifestanti dietro casa mia dopo averci disperso con lacrimogeni e idranti di acqua mista a lacrimogeni (però dai filmati si vede che hanno moderato la pressione del getto, che gentili). Vedo che ora le notizie arrivano anche a voi con una certa prontezza. Non vi ripeterò quello che già sapete.
Noi si rimane in strada fino alle 7 e mezza. La gente si è moltiplicata. L’affluenza delle persone in questo periodo, non smetterò mai di ripeterlo perché a me sembra incredibile, è direttamente proporzionale alla violenza usata per reprimerle. I bar, i borekci, i negozianti (non tutti, ma la maggior parte) ci aiutano lasciando aperti i loro spazi fino a ore improbabili della notte, portandoci in strada il cay s bicchieri di carta e vassoi metallici. La gente fa barricate che vengono distrutte velocissimamente.

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Passiamo a casa mia ma solo per prenderci una pausa tecnica: se vogliamo in caso di estrema necessità ripararci da me e ospitare chi fugge devo assolutamente chiudere le finestre di casa (ora che vi scrivo sono tutte chiuse ché, non più tardi di mezz’ora fa, ore 1.30, la casa si è riempita di gas). Saliamo ed è l’inizio di una specie di clausura. Passiamo il tempo incollati davanti al computer o alle finestre, a offrire asilo a chi scappa, a chi soffoca, a chi teme di non farcela. A un certo punto saremo stati più di 25 (noi già eravamo una decina).

Le notizie sono sempre più brutte, scendere sapendole è un suicidio. La gente continua a venire a migliaia, così dicono i siti di informazione indipendente da cui attingiamo le notizie. Gli arresti indiscriminati. Violenti. Chi viene arrestato urla i propri nomi a coloro che sono riusciti a sottrarsi al fermo, mentre scappano. La polizia bombarda di gas una scuola tedesca, il consolato olandese, un cimitero dove insegue in manifestanti, toglie le lapidi dalle tombe e le lancia loro addosso. Erdogan tiene il suo discorso alla folla. I punti salienti sono questi: siamo tutti terroristi, i medici che hanno aiutato i feriti dai poliziotti sono complici del terrorismo, verranno perseguitati UNO A UNO tutti quelli che hanno preso parte alle manifestazioni e che rintracceranno per prima cosa attingendo alle liste degli ospedali. Stanno già facendo ricerche su professori e presidi delle scuole.

Loro prendono ordini solo da Dio. La mappa interattiva dà un quadro soffocante della situazione: sono ovunque. Si sparge la notizia di stare attenti perché stanotte, in questa parte della città, si aggirano militanti dell’AKP, il partito di governo, armati di coltelli (oltre che dei soliti bastoni). Chi sono i terroristi? Le foto del raduno di E., se non sono fotoshoppate mostrano un largo consenso. Vedremo domani cosa salta fuori. Intanto domani le piattaforme sindacali DISK e KESK, l’unione degli ingegneri, dei medici e degli architetti, faranno uno sciopero, il secondo in pochi giorni.

Per oggi non riusciamo più a uscire. Si cucina la pasta, con le poche cose che ho (la desolazione del mio frigo provoca risate scandalizzate così come l’assenza della wifi a casa mia) e si coltiva l’illusione di poter uscire fuori. A mezzanotte e mezza ci salutiamo un po’ mesti, ognuno diretto a casa mia, ci scambiamo i numeri di telefono fra chi si conosce da meno tempo, pochi invero, questi giorni hanno cementato i rapporti e sembra di conoscersi da una vita, per ogni evenienza, ci si da l’appuntamento per domani…
Potrei giurare che, come me, nessuno dorme ancora…
Haydi, vado a letto, ho la sveglia fra 5 ore…

Ancora e sempre solidarietà.

 

 

Libera

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