Scontri a Istanbul: chat con Libera
Al momento dopo due notti insonni tutto è più calmo, mi racconta Libera, pseudonimo di fantasia che useremo per identificare la nostra amica italiana che simboleggia la volontà di Istanbul di resistere. La gola le brucia, gli occhi le lacrimano, nelle orecchie le fischiano ancora gli elicotteri della polizia e le sirene, ma per questa notte la polizia ha lascito piazza Taxim e il parco Gezi agli occupanti. Mi racconta che ad alcuni è andata peggio: un amico avrebbe un braccio paralizzato, altri sarebbero bloccati da conati di vomito provocati da un gaz sparato dalle forze dell’ordine.
Secondo il ministro dell’interno turco, Muammer Güler, si tratterebbe solo di 26 feriti tra le forze dell’ordine e di 53 tra i civili, mentre più di mille persone sarebbero agli arresti.
Libera mi contatta per chat. Ha perso il telefono correndo tra le barricate e teme che tra qualche ora i social network saranno orscurati. 5 giorni sono durati gli scontri nel centro di Istanbul, nel viale di Taxim, e nei vicoli Beyoglu, ma al momento la protesta è riuscita a mantenere la piazza. Istanbul non è nuova a guerriglie urbane. Anche il primo di maggio, dopo che il governo aveva proibito il corteo, miglia di dimostranti hanno sfidato le cariche della polizia. Tre i feriti gravissimi. Ma questa volta le proteste contro la costruzione di un ennesimo centro commerciale nel parco vicino la piazza Taxim hanno qualcosa di nuovo. Tanto per intenderci il parco Gezi è un parchetto cittadino, squallido di giorno e grottesco di notte, dove però ci passano un po tutti, dagli impiegati negli uffici adiacenti alla piazza, ai vecchi che sgranocchiano semi di girasole, ai senza tetto. È logico che dietro le proteste ci sta l’obiettivo politico di scalfire l’autocrazia di Erdoğan. Il governo recentemente ha stabilito un giro di vite sulla vendita di alcolici (incluso il tradizionale Rakı) e ha messo sotto pressione il mondo universitario piantonando le entrate delle università e perquisendo studenti sospetti con l’esecito.
Ma sicuramente è anche la reazione alla linea dura decisa per sgombrare il parco Gezi che alimenta la resistenza:
Queste sono le righe soggetive ed impulsive di una testimone:
“Lo spettacolo è inaudito: sono, siamo almeno un centinaio, riuniti davanti al tabaccaio di sempre, armati pentole, coperti e cucchiai, della voce e delle palme delle mani. Che facciamo suonare senza requie. Il concerto a cui partecipo è il più bello, il più coinvolgente che abbia mai visto nella mia vita. Intravedo un mio amico dal suo balcone. Salgo. Gli elicotteri, mi spiega, hanno sparso per mezz’ora, ripeto mezz’ora, lacrimogeni sulla piazza.
Il sonno mi è passato (non il bruciore e il mal di testa) e il mio amico mi procura pentole e coperchi. Parliamo frastornati, come ubriachi di tanta iniziativa, di tanta ostinazione. Non si può in nessun modo rimanere a casa. Alle 2 (di notte) anche la mia amica mette fine ai tentativi razionali di dormire e ci raggiunge di nuovo. Passa sotto casa gente che conosciamo, ci scambiamo, mentre intoniamo questo insolito coro di protesta, a cui si aggiungono scope e bastoni contro i cartelli metallici delle informazioni stradali, sorrisi di intesa e solidarietà.
E’ difficile trovare le conferme alle notizie più sciagurate del pomeriggio. Mentre suoniamo l’eco di ulteriori scontri, con lancio di bombe e lacrimogeni dalla piazza, ci ricorda che dobbiamo capire se sono effettivamente morte 3 persone.”
Anche nella parte asiatica di Istanbul a Moda e Bostanci una fiumana di gente si è radunata pacificamente. La folla ha anche bloccato il ponte autostradale che passa sul Bosforo, interrompendo il traffico tra Europa e Asia.
Ad Ankara ed a Smirne focolai di protesta e scontri con la polizia. Il Radical un mite giornale di una mite opposizione titola: “La primavera turca”, “L’invincibilità di Erdogan è stata scalfita”.
Nicola Brocca
Leggi la lettera di Libera da Taksim
Leggi il blog: Istanbul, Gran Bazar