In ricordo di Peppino Impastato, più vivo che mai

I miei occhi giacciono
in fondo al mare
nel cuore delle alghe
e dei coralli.
Seduto se ne stava
e silenzioso
stretto a tenaglia
tra il cielo e la terra
e gli occhi
fissi nell’abisso.

Lo ricordiamo così, con le sue parole, una delle sue poesie. Si fa fatica a capire se siano  belle loro, le parole, o il ricordo che ci viene da quel testo: 36 anni fa la mafia ammazzava a Cinisi Peppino Impastato, rendendo di fatto immortale.  Non è retorica, è così:  quel giovane che aveva il coraggio, l’ardire  di sfidare il boss Tano Badalamenti, chiamarlo per nome e denunciare le sue malefatte. Peppino, nonostante avesse un padre colluso con la mafia, ha avuto il coraggio di ribellarsi, e l’ha fatto due volte: si è ribellato al “capofamiglia”, ha poi detto no al sistema, ci ha detto che “la mafia è una merda”. Ecco il programma delle iniziative per ricordarlo.

Ha pagato con la vita, si è detto, ma il suo ricordo non si è mai spento. Anzi, fatto raro, è cresciuto negli anni.  Vuoi per il film I cento passi di Marco Tullio Giordana, vuoi per la voglia delle nuove generazioni di (ri)scoprire figure come la sua, capaci di dire un no. Viene descritto come una persona sorridente, allegra,  vitale: perché la mafia si combatte così, facendo capire che si può vivere senza, e si può vivere bene, meglio.

Era prima di tutto un giornalista, oltre che attivista politico, era Peppino Impastato.

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