Arrivederci, Italia
Ho salutato il 2012, l’anno dell’apocalisse annunciata e mai arrivata, tra le mie montagne. Mentre le luci dei fuochi d’artificio si riflettevano sulla neve, mentalmente accoglievo l’arrivo di dodici mesi dispari di sfide e nuove prove. Le vacanze sono passate in un soffio e hanno lasciato spazio a una nuova valigia da riempire. Un volo prenotato per il 27 gennaio, la stessa data della partenza 2012, una stanza in ostello per i primi giorni, una nuova casa da cercare in una nuova città. Si ricomincia.
In molti mi hanno chiesto, chi direttamente e chi osservandomi con espressione interrogativa mentre racconto la mia nuova vita, perché lo faccio. Molti, senza domandare, hanno espresso la propria tristezza per una giovane costretta ad abbandonare tutto, per cercare fortuna all’estero. Non è esattamente così. E’ vero, la crisi economica ha colpito duramente il mio paese, rendendo estremamente difficile progettarvi un futuro. Ma non è stata questa la sola ragione che mi ha spinto ad andare via; fin da bambina sapevo che il mio futuro sarebbe stato altrove, almeno per un po’. Ho sempre amato l’Italia, di un amore profondo e viscerale; proprio perché la amo mi arrabbio e mi indigno quando vedo i miei connazionali che si accapigliano per una poltroncina comoda, che fanno i furbi pagando in nero e poi si lamentano per la mancanza di servizi e via dicendo. Amo i suoi paesaggi meravigliosi che scorrono oltre il finestrino mentre la percorri da nord a sud, da est a ovest. Amo l’arte che si nasconde anche nel più piccolo paese, i muri antichi che raccontano storie secolari facendosi spazio tra il cemento abusivo. Amo gli italiani, anche quando parlano troppo forte, anche quando fanno troppe domande e vorrei solo rispondere “ma che ti interessa?”, anche quando fanno le file tonde e si lamentano perché il loro turno non arriva mai. Sono italiana e lo sarò sempre. Dirò sempre “cazzo” quando farò qualcosa di stupido, berrò sempre caffè espresso, riterrò sempre la mia patria il posto più bello del mondo e continuerò a credere che una rinascita culturale e soprattutto morale sia possibile.
Non me ne sono andata per dimenticare o rinnegare l’Italia, ho scelto di trasferirmi per crescere, per confrontare e imparare. Ci sono moltissimi aspetti del Nord Europa che non condivido e che non mi appartengono, ma allo stesso modo credo che un’esperienza di vita in questi paesi possa aiutare a formare una coscienza etica collettiva più profonda. Se potessi anche solo imparare a superare la logica del singolo famigliare che regola la vita italiana in nome di un bene comune più profondo, sarei già felice. Se potessi in qualche modo trasmettere tale percezione a qualcun altro, allora avrei raggiunto il mio scopo. Per ora posso solo dire: arrivederci, Italia.
Camilla Bonetti