Meritocrazia? Meglio la raccomandazione
Non è né uno scherzo né un paradosso: la raccomandazione è molto più equa, democratica ed efficiente – ma soprattutto “meritocratica” – dell’impossibile tentativo di selezionare i meritevoli secondo criteri standard oggettivi.
Certo qualcuno potrebbe dire che in Italia non funzionerebbe perché siamo tutti corrotti. Intanto io non lo sono! E penso nemmeno molti dei lettori di questo blog. Quindi cosa abbiamo da temere? Iniziando a dare responsabilità alle persone si può innescare un sistema virtuoso di apprendimento dell’onestà.
Ma, a voler essere cinici, pensate un poco se il metodo di assunzione dei professionisti fosse davvero la raccomandazione esplicita. Il potente di turno raccomanda la propria amante o il nipote idiota per una posizione che non meritano. Oggi succede che amante e nipote idiota ottengono il posto dopo un concorso formalmente regolare in cui è accertato il merito tramite quiz, esami e colloqui i cui risultati sono molto discrezionali. La procedura risponde a criteri oggettivi e quel che conta è che sia formalmente corretta. In seguito si passa ai pettegolezzi che non possono essere espliciti perché tutto s’è svolto in modo regolare e non si può imputare esplicitamente a nessuno la responsabilità.
Al contrario, con la raccomandazione si saprebbe con certezza chi ha fornito le referenze del candidato e chi l’ha selezionato in base a criteri discrezionali. La raccomandazione infatti sarebbe ufficiale e allegata agli atti del processo di selezione. La raccomandazione finisce per essere un giudizio che si protrae nel tempo, anche sulla persona che la produce. La quale, se continua a presentare imbecilli, perderà ogni potere e credibilità. E ancora: chi opera la selezione e accetta la raccomandazione, a sua volta si assume una chiara responsabilità poiché deve giustificare a tutti il motivo per cui ha accettato il parere sul candidato fornito da quella certa e ben identificata persona. La valutazione dei meriti in questo modo si allarga dal candidato al raccomandante e al selezionatore. L’esercizio del potere da parte del selezionatore è limitato dal fatto che il suo giudizio – apparentemente più discrezionale che nel caso del concorso – è sottoposto al vaglio della performance dell’assunto e dell’opinione pubblica. Si aggiunga che la raccomandazione e la discrezionalità consentono di vagliare candidati ben conosciuti e non emeriti estranei da valutare con test e brevi colloqui.
Corrado Poli