Srebrenica inventata? Contro LatinoAmerica

La rivista Latinoamerica, diretta da Gianni Minà, ha pubblicato due articoli sui Balcani in cui si afferma che le stragi di Sarajevo sono state una sceneggiata e il genocidio di Srebrenica un’invenzione (qui una sintesi dell’articolo, qui la versione integrale). Ecco come dopo il primo intervento di Luca Leone ance Bruno Maran demolisce la ricostruzione fornita da LatinoAmerica.

 

La credibilità si conquista con l’equidistanza  più vicina possibile alla verità, operazione che Enrico Vigna nel suo articolo pubblicato su Latinoamerica non conosce nemmeno di lontano e con lui il direttore Gianni Minà, che non ha saputo modulare le affermazioni con le notizie da pubblicare, filtrando la descrizione dei fatti senza confondere la bassa propaganda con la cronaca, operazione necessaria per non scadere nell’avanspettacolo della storia. In casi come questi la prima responsabilità va attribuita al direttore Minà per omesso controllo o per aver dato spazio a notizie assurde. Vigna si assume le proprie davanti ai lettori, ammesso che ne abbia.

Francamente non capisco da che fonti Enrico Vigna si abbeveri per scrivere i suoi racconti della guerra in quella che oggi tutti definiscono ex Jugoslavia. Pur partendo da lontano si capisce subito che il suo racconto è fuorviante sin dalla prima riga. Per esempio Vigna non sa e finge di non sapere che la Costituzione jugoslava prevedeva la secessione, quando definisce illegale il referendum tenutosi in Bosnia nel 1992.

Nel 1946, alla stesura della prima Costituzione l’art 1 recita: “La FRNJ è uno stato popolare federale di forma repubblicana e comunità di popoli eguali, che si basa sul diritto alla autodeterminazione, incluso il DIRITTO ALLA SECESSIONE, che hanno espresso la loro  volontà di vivere insieme in uno stato federativo”. Delle repubbliche che ne avessero fatto richiesta quindi. Nel 1974, nella terza stesura si trova l’art 5, che sancisce che le frontiere della SFRJ non possono essere modificate senza il consenso delle Repubbliche e delle Provincie autonome. Sancisce inoltre il diritto all’autodeterminazione delle Repubbliche e del diritto di veto specie sui temi economici, ma solo “alle nazioni costituenti”, reali depositarie del concetto di sovranità. Mentre a riguardo dei referendum stabilisce che essi possono essere celebrati da ogni repubblica senza prevedere l’approvazione federale, né abbisognano della controprova livello federale “jugoslavo” per la validità, questo a riprova dell’ampio spazio di autonomia concesso dalla Costituzione alle singole Repubbliche jugoslave. Ogni repubblica non poteva quindi effettuare cambiamenti di frontiera né di statuto territoriale se non con l’accordo generale di tutti.

Vigna poteva scrivere che le cose hanno preso una brutta piega e  non hanno rispettato i canoni costituzionali, ma doveva anche scrivere che le responsabilità vanno condivise tra i vari attori dell’epoca, cioè Slovenia, Croazia  e Serbia su tutti. Negli scontri tra nazioni non esistono ragione e/o torti unilaterali; le varie quote di responsabilità vanno condivise, nessuno è esente da colpe, tranne che per Vigna, il quale avendo tutto capito prende posizioni estreme senza lasciare spazi a ipotesi alternative, che proprio in questi casi sono enormi.

Vigna si scatena poi sui fatti di Bosnia-Erzegovina, a proposito la sigla è BiH e Armija si scrive così… Ecco il presunto golpe di Izetbegović contro quel santarellino di Karadžić. Un buon cronista non si schiera così apertamente. In questo caso, ai crimini di guerra e contro l’umanità cui sono accusati Karadžić ma anche Biljana Plavsić e Radko Mladić, si deve contrapporre sì la politica islamista di Izetgebović, ma con accenti diversi riguardo alle conseguenze. Un carico di responsabilità da suddividere tra tutti, magari ricordandosi anche di Arkan e di Šešelj, innocenti angioletti della pulizia etnica.

Tanto per chiarire, eccone un esempio. La storia politica di Izetbegović è tuttora poco  nota al pubblico occidentale, si sa che da giovane è stato leader dei Mladi muslimani, organizzazione collaborazionista degli occupanti nazisti in Bosnia.  Nel 1970 firma una dichiarazione islamica di condanna della laicità della Turchia, pubblicando il libello fondamentalista “La Dichiarazione Islamica”. Nel 1983 è condannato a 14 anni, assieme ad altri attivisti mussulmani, per “atti ostili e controrivoluzionari originati da nazionalismo mussulmano e istigazione all’odio tra le nazionalità”. É uscito dal carcere nel 1988. Chi è senza peccato…

Il referendum sull’indipendenza comunque illegale non fu, bensì  previsto dalla Costituzione e in ogni caso indetto da un Parlamento, che volenti o nolenti, aveva pur sempre il diritto di farlo, anche se poi una parte, cospicua, lo boicottò, ne rimane la validità legale. Mi sembra che in Italia i referendum siano spesso boicottati dalle parti politiche, ciò non significa che i risultati siano illegali. Vero Vigna magari l’ultimo referendum, quello sull’acqua per esempio non ti piaceva e allora visto che tu lo boicotti non è legale il risultato? Pensa che quello del ’92 raggiunse persino il quorum col 65% , lo affermi persino tu e allora dove sta l’illegalità?

Forse gli illegali sono quelli che non hanno voluto accettare il responso delle urne e hanno deciso di proclamare una repubblica per conto loro addirittura prima del referendum, quella che sarebbe più corretto chiamare l’autoproclamata Repubblica di  Pale, una specie di repubblica di Salò bosniaca, solo che a Pale si andava a sciare, a Salò a navigare sul lago: due repubbliche da cartolina, unite da una lunga strisca di sangue.

Cutileiro fu l’uomo sbagliato al posto sbagliato. Essendo il Portogallo presidente di turno della Ue, egli si trovò a gestire in prima persona cose di cui non era all’altezza. Conosceva al massimo le indipendenza di Angola e Mozambico, ma quelle erano colonie, non repubbliche federali in cui ognuno chiedeva una soluzione e aveva dei diritti riconosciuti. Certo, tutti hanno agito dall’esterno perché non andasse in porto quel Piano, che oggi risulta un po’ demenziale, basandosi solo sulla asettica cantonalizzazione demografica senza tener conto delle realtà locali. Secondo il Piano Cutileiro ogni etnia avrebbe governato con una distribuzione del territorio per il 56,27 % a croati e mussulmani e per il 43,73 % ai serbi, sempre tutti di Bosnia. Peccato che la distribuzione delle etnie in Bosnia non fosse geografica, ma, per così dire, trasversale. Che ne sarebbe stato dei serbi del cantone mussulmano o dei croati di quello serbo? In Bosnia è notorio che non esiste parte del territorio estesa in maniera significativa che sia etnicamente omogenea. Repubblica più eterogenea delle altre, la Bosnia riuniva il 31,3 % di serbi, il 17,3 % di croati e il 43,7% di Mussulmani. Definire delle divisioni etniche significa ridurre il 40% della popolazione al rango di minoranza. Una città come Banja Luka sarebbe immediatamente serba e Sarajevo mussulmana; ma Banja Luka è un antico luogo storico mussulmano e Sarajevo, con 150 mila abitanti serbi, era la terza città serba del mondo. Da questa proposta i croati diverrebbero una minoranza a  Mostar dove rappresentano il 40% della popolazione…, mentre nell’Erzegovina sono maggioranza.

Dopo l’indipendenza del 6 aprile, non ho trovato traccia di interventi ufficiali della Nato sui serbi, cui Vigna dovrebbe aggiungere di Bosnia, ma forse gli piace dimenticare che esistono dei confini ufficiali tra repubbliche federali, che separano le due comunità, oppure il mito della “Grande Serbia” lo talmente avviluppato da fargli perdere il senso della geopolitica interna dello Stato, la SFRJ, che ha diviso il suo territorio sin dalla nascita in sei repubbliche dai confini ben definiti e immutabili…

Perché Vigna omette i fatti della Dobrovoljačka ulica del 4 maggio ’92 a Sarajevo?  Frange patriottiche bosniache che assaltano la JNA mentre lo stesso esercito federale poche ore  prima aveva attaccato la città con carri armati e fuoco d’artiglieria, tagliandola in due e cercare di conquistare il palazzo presidenziale? Senz’altro non gli piace il ruolo mediatore di Divjak: devo chiamarlo “serbo traditore” per compiacerlo?

Davanti a stragi del tipo Miškin o Mrakale come si fa ad essere così imparziali da anteporre la dietrologia ai morti, ai feriti, ai mutilati? Certo esistono casus belli infiniti nella storia, ma ci andrei leggero nel formulare simili accuse. Esistono ipotesi, solo ipotesi di un responsabilità mussulmana sul lancio degli ordigni. Sconvolgente,  ma la possibilità deve restare una variabile nel corretto report di un cronista serio. Si riportano i fatti, si cerca di capire, si scava, senza basse insinuazioni, altrimenti alla fine ci si autoscredita.

Non accetto assolutamente le parole sui campi di concentramento. Vigna mente e sa bene di mentire, ma la sua apologia sui serbi alla fine lo travolge. Sono appena tornato da Prijedor e lo sfido a dire che Omarska, Trnopolie, Keraterm sono montature antiserbe. Ho incontrato testimoni, persone che sono state detenute, cercato i resti delle fosse comuni, passato per i villaggi oggetto della pulizia etnica più spietata. Vigna rasenta la follia quando scrive quelle note. Perché non viene ad un dibattito sui campi con le associazioni di Prijedor? Siamo nella Republika Srpška, amici suoi, che timore ha? Vuole un invito? Sempre pronto al contradditorio, ma con onestà, senza mentire spudoratamente.

Ci sarebbe ancora molto da contestare sulle deliranti ipotesi fornite da Vigna, che arriva persino a citare il generale francese Morillon, su cui tutti convengono sulle pesanti responsabilità della pessima gestione delle forze ONU; se quelle sono le sue fonti preferite è drammatica l’ambiguità, la tendenziosità e la pericolosità di chi lo ispira.

Concludo con due numeri che racchiudono tutta la vicenda bosniaca. Numeri riconosciuti dalla comunità internazionale, non le sparate della sua propaganda cieca: 11451 sono i morti di Sarajevo durante l’assedio di cui più di 1500 bambini, di tutte le etnie, vada a leggersi i nomi dei caduti a Markale!

L’altro numero tragico è 8272 relativo a Srebrenica, cui non aggiungo altro per non scendere nella più bassa dietrologia, che non mi compete, se non per ricordare e accusare l’inazione dell’ONU: morto a Sarajevo e sepolto a Srebrenica.

Ci sono affermazioni che offendono il senso della storia. Per quanto uno si schieri da una parte o dall’altra deve mantenere un certo equilibrio. Non si può essere negazionisti a seconda di quello che conviene alla propria parte. Ha coraggio Vigna di negare i campi di sterminio nazisti? Non credo, però nega i fatti di Bosnia con una leggerezza simile ai negazionisti alla Irvine o Faurisson. Sul Kosovo la prossima puntata.

Bruno Maran

 

 

 

 

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