Fiat Srbija, Marchionne e la nuova 500 L
Le trionfali affermazioni della dirigenza Fiat sul nuovo modello 500 L si stanno scontrando con la realtà del mercato europeo, e non solo, dell’auto. Un altro problema si sta profilando per Marchionne & C: il governo serbo, in grande crisi, probabilmente non riesce a rispettare tutti gli obblighi previsti dal contratto capestro firmato con Fiat, rinviando al 2013 la realizzazione di parte delle vantaggiose condizioni previste per l’impianto produttivo di Kragujevac. Sta partendo intanto dal porto di Bar in Montenegro, via mare dirette in Italia, il primo carico di 412 Cinquecento prodotte dagli attuali 1500 dipendenti FAS (Fiat Auto Serbia), assunti ormai tutti a tempo indeterminato, con sei mesi di prova per i nuovi assunti: 700 sono provenienti dalla ex Zastava Auto e 800 inviati dall’Agenzia Nazionale per l’Impiego, cui vanno aggiunti i lavoratori italiani a Kragujevac, che al momento sono circa 450, tra operai e dirigenti. Gli operai italiani hanno funzioni di formazione dei colleghi serbi e di supervisori della produzione, ma svolgono anche direttamente ruoli operativi, per esempio nelle cabine di verniciatura o sui robot in carrozzeria e lastroferratura. Circolano voci, provenienti dagli operai serbi, che spesso i lavoratori Fiat italiani hanno nei loro confronti atteggiamenti e metodi vessatori.
Negli ultimi tre mesi la produzione è aumentata gradualmente, da alcune vetture al giorno fino ad alcune decine. Nell’ultima settimana di giugno si è arrivati a 50 vetture al giorno. La carrozzeria al momento produce 90 scocche al giorno e potrebbe arrivare presto a circa 200/giorno. Esistono già i progetti/disegni per il modello a sette posti, molto atteso per il mercato americano, che doveva essere prodotto in Italia. Secondo la Fiat l’inizio della produzione avverrà nel primo trimestre 2013, mentre stentano a decollare le vendite della 500 negli Usa: Fiat ha annunciato che la piccola utilitaria italiana “potrebbe non” raggiungere il target previsto di vendita di 50 mila unità. Ciò sarebbe dovuto, ufficialmente, al ritardo verificatosi la scorsa primavera nell’apertura dei concessionari selezionati per la commercializzazione del modello
Per quanto riguarda Kragujevac, la FAS comunica l’ipotesi di assumere altri 950 persone entro la fine dell’anno, portando l’occupazione complessiva ai 2450 lavoratori previsti dal piano generale.
L’Ufficio statistico centrale della Repubblica di Serbia ha calcolato che in giugno lo stipendio medio è stato di 42.335 dinari mensili, equivalenti a circa 360 euro. Lo riferisce l’agenzia FoNet, aggiungendo che rispetto allo stesso mese dell’anno scorso si ha una crescita nominale del 7,7 % e una reale del 2,1. Nessuna notizia invece sul reale costo della vita. In Fiat Auto Srbija sembra che gli stipendi netti mensili vadano dai 260 euro per i neo assunti in prova, ai 280/320 € per gli operai, ai 320/350 € per impiegati e capireparto. Molti lavoratori aggiungono due ore in più come lavoro in straordinario per ottenere una maggiorazione del 26% del salario. I dirigenti hanno contratti personali discussi individualmente, bella differenza in ogni caso con gli ipotizzati 10 mila euro/mese per il direttore generale FAS.
C’è un’altro grave problema nel gruppo ex Zastava – FAS, dove ai lavoratori (circa 6 mila persone con i loro familiari) non sono più stati pagati i contributi sanitari, per cui non hanno più alcun diritto (già ce ne hanno pochi…) sul fronte della salute e sono stati quindi costretti a pagarsi integralmente medici e medicine. Successivamente, dopo uno sciopero molto duro, il pagamento dei contributi era stato ripristinato, almeno per tre mesi. Alla fine di giugno il problema si è ripresentato e ora ricominceranno le proteste, nel frattempo il Sindacato cerca di sostenere le spese per i medicinali dei lavoratori, con l’aiuto di Ong italiane.
La situazione generale in Serbia è estremamente drammatica a causa della crisi economica mondiale, che ha contribuito al peggioramento della situazione economica e sociale. Si prevedono 50 mila licenziamenti nell’anno corrente che, secondo alcune analisi, potrebbero arrivare a 100 mila. Sono più colpite le città dove nel passato c’erano grandi aziende statali, portatrici dello sviluppo e di reddito per intere comunità. In Serbia ci sono quindi vari punti di crisi oltre a Kragujevac.
Uno è la città di Valjevo, con circa 95 mila abitanti, che dipendeva dall’azienda metalmeccanica Krusik e produceva batterie, componenti in plastica, in metallo (fucinati) anche del programma per l’industria militare. Prima della privatizzazione questo complesso era composto da 12 fabbriche, di cui parecchie ora privatizzate, ma la maggior parte senza successo. Il numero totale degli impiegati in queste fabbriche è ora di 2100 lavoratori dagli 11 mila precedenti. Il ruolo della Krusik, nell’economia della città di Valjevo, è paragonabile a quello della Zastava per Kragujevac.
A Valjevo c’è anche una fabbrica di calze, la Vali, il cui proprietario italiano ha assunto circa 1800 lavoratori con un salario medio di 25 mila dinari, pari a 220 euro circa. Ha iniziato la produzione sei anni fa e in questa fabbrica non esiste il sindacato. Ricordo che a Valjevo è stata delocalizzata anche la produzione della Golden Lady, che ha chiuso i propri stabilimenti in Emilia. A questo riguardo Riccardo Iacona ha prodotto una puntata del suo programma Presa Diretta, che è andato in onda su Rai 3 lo scorso 19 febbraio.
Anche l’acciaieria di Smederevo è nell’occhio del ciclone. La US Steel, che aveva comprato lo stabilimento nel 2003, ha abbandonato la Serbia; i lavoratori diretti che perderanno il posto sono circa 5.500, mentre le ripercussioni sull’indotto interesseranno almeno 10 mila lavoratori.
A Trstenik, in questa città di circa 30 mila abitanti a sud di Kraljevo, c’era all’epoca un altro gigante, la Prva Petoletka, con reparti sparsi nella zone, con oltre 14 mila lavoratori ed infatti molti lavoratori dai paesi nei dintorni si recavano a Trstenik per lavorare. Questa fabbrica, oltre al programma per l’industria militare, più precisamente componenti per gli aerei, produceva anche parti idrauliche, servosterzi e impianti idraulici completi. Oggi alla Prva Petoletka lavorano solo 3.500 lavoratori.
Un’ultima curiosità consiste nel fatto che la Fiat, in un incontro con il Sindacato di fabbrica Samostalni, a inizio luglio scorso, ha confermato che, come indicato da Marchionne a Torino, ci sarà presto in Italia uno stabilimento Fiat di troppo (quello di Melfi o Mirafiori?), se le attuali capacità di assorbimento in Europa resteranno uguali nei prossimi 24-36 mesi. Come mai Marchionne si preoccupa di informare i lavoratori serbi che una fabbrica italiana sarà chiusa mentre negli stessi giorni annunciava la cassa integrazione per 2600 operai a Mirafiori?
Il diabolico Marchionnik non demorde nella campagna di intimidazione dei lavoratori delle fabbriche del suo gruppo, continuando a sventolare minacce larvate o lo spettro della disoccupazione per ottenere ritmi e funzioni sempre più serrate, negando nel contempo dati ufficiali sui ritmi reali, sulle normative e sui valori occupazionali in fabbrica, scontrandosi su questo punto col Sindacato perchè secondo le loro regole (interne alla Fiat) è solo FAS che può dare numeri ufficiali.
A pagare a caro prezzo questa “Eldorado delle aziende” non sono solo i lavoratori serbi, ma anche quelli italiani vittime delle delocalizzazioni: devono ringraziare quel presidente del Consiglio italiano post comunista con i baffetti e la furibonda campagna anti-Milošević, che mirava all’imposizione manu militari di questo “capitalismo reale” in tutte le repubbliche ex jugoslave, contribuendo così alla riscrittura delle regole di quel nuovo mercato del lavoro.
Bruno Maran
(Fine. Leggi la prima parte)