Padova è bellissima all’alba

Le città sono spazi che vengono abitati da tempi diversi, ognuno dei quali ospita una coerografia di luci, oggetti e persone. Così,  per scoprire la bellezza pulsante di Padova, bisogna, fino in fondo, aspettare l’alba, o anticipare il giorno. In una notte insonne, indosso un paio di pantaloncini e una t-shirt e vado a correre poco dopo le 5, quando da poco è sorto il sole. Lunghi cirri rosa si insinuano fra le statue di Prato della Valle. Il roseo celeste rende ogni palazzo rinascimentale più bello, come il cartoncino grey per le foto analogiche.

Da Riviera Paleocapa, mentre mi avvicino alla Specola, il sole sveste piano piano dalla cima alla base la torre dei carraresi, e se ne riesce a intuire il profilo, specchiato sul piccolo canale che si spinge fino alla Mela di Newton, passando per il vecchio carcere.

Alle fermate del tram incontro una giovane avvocatessa, una donna delle pulizie all’apparenza straniera, una anziana clochard che riposa per terra, la stessa che spesso si vede dormire sotto le colonne dell’INPS, a Piazza Insurrezione.

Su via Umberto I sento un cagnolino piangere, al mio passaggio, dietro una serranda, chissà chi l’avrà scortesemente recluso. Più in là, un uomo emaciato, su una bici, scava nei cassonetti e lotta contro la forza di gravità, per portar via più sacchetti dell’immondizia possibile.

Il ponte del Bassanello è insolitamente deserto, e le gambe vanno sotto i 4’30″km,  spinte dalla voglia di sfogare le tensioni continue di un’esistenza, fin troppo complessa.

Incrocio un altro runner, che mi fa sentire un po’ meno estraneo al mondo salutandomi ed un anziano signore che pesca, come se il tempo si fosse fermato sull’argine.

Dopo qualche decina di minuti sono di nuovo nelle piazze: arrivano i primi carretti della frutta al mercato, e aprono le edicole. Rallento verso casa, e come al solito un anziano mi guarda male e borbotta.

Padova è bellissima all’alba, ancor più che nelle altre ore.

Vincenzo Romania

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