Gundam, il Giappone e i suicidi

Beh, chessifa oggi pomeriggio? Andiamo ad Odaiba, a prenderci un gelato, e niente piú. All’ombra del grande robot Gundam in scala 1:1, per un agognato cono puoi stare in coda ordinatamente anche un’oretta, ma questo non sembra scoraggiare i giovani giapponesi, ci mancherebbe, le difficoltá della vita sono ben altre.

Stiamo pur sempre parlando di un popolo che sessant’anni fa s’é beccato due bombe atomiche, é uscito in ginocchio e catene da un conflitto mondiale ed é riuscito a diventare in breve e rimanere la terza economia al mondo, senza risorse naturali e senza imporre i propri interessi con armi e dittature in giro. Se sei americano e senti puzza di polemica ci hai proprio azzeccato. Qualcosa in piú ce l’avranno, i nostri ex-alleati, ed é proprio cosí: disciplina e dedizione assoluta alla causa, che si traduce ovviamente in condizioni di fatica insostenibili. Stiamo parlando di un paese in cui esiste una parola, “karoshi”, per morte da eccessivo lavoro.

A girare per le strade di Tokyo, ci si mette poco a rimanere impressionati dall’estrema efficienza dell’ingranaggio giapponese, ove ogni cosa ha un posto, c’é un posto per ogni cosa, lo spreco é vietato e costante é l’impegno per il miglioramento continuo (“kaizen”). Persino il peggiore dei bagni pubblici é piú pulito e accogliente di quello privato della regina Elisabetta, e mai ho visto senzatetto piú in ordine e in pace, per non parlare del sublime senso estetico presente in ogni dettaglio e dell’assoluta mancanza di una credibile corrente di pensiero “pessimista”: angoscia esistenziale, violenza e disperazione sono taboo, mentre la malinconia appena si intuisce dietro rare opere d’arte.

Ma bisogna mandarne giú parecchia per creare un mondo ch’é troppo bello per essere vero e non sempre uno ce la fa. Come ogni cosa, anche, e soprattutto, la perfezione contro natura ha un prezzo: 31690 suicidi lo scorso anno, 25 ogni 100000 abitanti, contro i 6 italiani. Vediamo se quest’anno con Equitalia ce la si fa a risalire la classifica.

Davide Miozzi

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