Treni, autostrada, aeroporto: l'Alto Adige rischia di morire. Di isolamento
Da quattro anni ormai ho il privilegio di vivere in una terra splendida: Bolzano, Alto Adige. Il lavoro mi porta molto spesso a viaggiare. E’ normale, giusto, stimolante: una provincia di 400mila abitanti non può offrire, anche per semplici ragioni statistiche, la varietà di esperienze e opportunità lavorative che può garantire una metropoli. E così migliaia di altoatesini – imprenditori, artisti, professionisti – si trovano a dover viaggiare. In Italia, in Austria, Germania, nel mondo. Vivere in una terra così bella e ricca di natura vale, per molti, il sacrificio di ore di viaggio. Ma la situazione, è evidente, sta peggiorando e il peso di questi spostamenti diventa un lusso sempre più caro che rischia di essere insostenibile per molti. Un’autostrada che assomiglia a un imbuto infernale, treni inesistenti, lenti, inadeguati, la chimera di un aeroporto che a ben vedere è l’ultimo dei problemi. L’Alto Adige ogni tanto sembra a una prigione dorata che si bea del suo isolamento: stiamo bene e forse qualcuno pensa che rendendo difficile partire (e arrivare) tutto duri più a lungo.
E’ razionalmente credibile garantire la sostenibilità di una terra che basa il suo Pil su turismo ed export agroalimentare con collegamenti simili? Ci sono migliaia di sudtirolesi che vivono all’estero in metropoli che garantiscono loro l’accesso a opportunità e network internazionali. E’ normale, lo ripetiamo. Ma vogliamo arrivare al punto di costringere a questa scelta anche tanti professionisti che sostengono un faticoso pendolarismo? Mentre la politica si preoccupa dei collegamenti interni all’Euregio, mentre discute di un tunnel sotto lo Stelvio (!), arrivare a Verona e a Monaco è un’avventura da metà Novecento.
I treni che non ci sono
Partiamo dalla situazione più paradossale, i collegamenti ferroviari. Per arrivare a Verona (130 km) la soluzione migliore è quella del FrecciaRossa che ci mette 1 ora e mezza. Tre le corse al giorno: 7.11; 15.11; 17.11. Identico il tempo del treno dell’Obb delle 11.31 (ma le ultime tre volte che l’ho preso era in sistematico ritardo – oggi ho dovuto lasciar perdere, tornare a casa e prendere l’auto). L’alternativa è il regionale veloce (1.40 – stesso tempo della Freccia di fatto) e il fantozziano regionale normale (2.25 minuti). Dalle 8.36 alle 11.31 non ci sono collegamenti. Per tre ore Bolzano è completamente isolata dal resto d’Italia. Questo per arrivare a Verona, che vuol dire nulla. Perché gran parte dei pendolari si dirigono poi a Milano o nel Nordest. Per quanto riguarda Milano l’ipotesi migliore è quella di arrivarci in 3 ore. Ma serve un allineamento astrale favorevole. L’ipotesi più realistica è quella di metterci 4 ore, quando in auto (ma anche qui ipotizzando che non ci sia traffico) ce ne vogliono 2-2.30. E il ritorno è di fatto è ingestibile: le coincidenze serali da Verona a Bolzano costringono il lavoratore medio – che non riesce sicuramente a partire da Milano prima delle 18 – a prendere uno dei due ultimi regionali delle 21, che vuol dire arrivare alle 23.30. Questo porta la gran parte degli altoatesini che devono recarsi a Milano a usare l’auto o a prendere il treno a Peschiera. Ben strano come hub ferroviario.
La via crucis dell’A22
Carissima e trafficatissima. Con tir che superano tir, pullman che superano tir, roulotte e camper che arrancano, moto che superano negli interstizi. Fare l’A22 (oltre 10 euro per 130 km, fino a Verona) è un terno al lotto, un atto di fede nel divino. Se viaggiate di notte il tratto fino a Bolzano si percorre in un’ora, un’ora e un quarto. Ma in giorni lavorativi? In primavera e in autunno i cantieri mobili e continui creano code ripetute di diversi chilometri (a maggio passare Rovereto era un’impresa); in estate e in inverno si fanno i conti con i flussi turistici diretti al Lago di Garda o in montagna per sciare. Sabato scorso per fare Bolzano-Verona servivano due ore e mezza. Si tratta di un traffico pericoloso, che mischia auto cariche di bagagli, roulotte, pullmann turistici e tir. La coda che si crea in uscita al casello di Affi occupa spesso la carreggiata di destra, situazione pericolosissima. Gli incidenti, va detto, sono diminuiti, ma se avete un appuntamento e non volete rischiare di arrivare in ritardo, meglio partire un’ora prima.
L’aeroporto chimera
In tutto questo l’aeroporto è stata una bella illusione, il catalizzatore di un’esigenza. Gli effetti della sospensione del volo Roma-Bolzano ovviamente quasi nulli: più che di voli verso la capitale più disastrata del globo, collegata con il treno già meglio di Milano, servirebbero voli di medio raggio che connettano l’Alto Adige con le capitali europee dell’economia.
Un piano strategico
Quel che servirebbe è un bagno di realtà nella vita e nell’economia comune da parte della politica. Va bene parlare di Euregio, garantire i collegamenti tra le valli e il capoluogo, con Innsbruck, con Trento: ma pensare che il futuro economico del Tirolo storico sia interno e autosufficiente è un’idea pericolosa. Il futuro dell’Alto Adige può e deve essere quello di un hub che esprime il massimo della qualità della vita che al tempo stesso consente ai suoi residenti di sentirsi cittadini del mondo.
Luca Barbieri