Tav, 4 fermate in 120 km: il record triste a cui ambisce il Veneto (e gli interessi che ci sono dietro)
Sulla Tav il Veneto vuole fare le cose in grande. Punta al record nazionale della regione con più stazioni Tav in assoluto: sono quattro, nei desideri bipartisan di sindaci, industriali e giunta Zaia uscente. Verona, Vicenza, Padova, Venezia: tutto nel raggio di 119 chilometri, appena 40 chilometri in media una dall’altra. Le stesse fermate che fa già oggi un normale Frecciabianca.
È come se fra Bologna e Milano il treno veloce fermasse a Modena, Reggio Emilia e Parma. Un assurdo. Infatti ferma solo a Reggio Emilia, alla stazione Mediopadana firmata da Santiago Calatrava: da molti è considerata un flop per il basso numero di passeggeri, ma almeno è stata pagata in parte dalla Regione Emilia Romagna, che ha sborsato 25 milioni su 79. Il Veneto invece le sue due nuove stazioni, a Vicenza Fiera e a Padova San Lazzaro, le vuole fare pagare per intero allo Stato.
Il tema non appassiona i dibattiti che precedono le elezioni regionali del 31 maggio. Non prende alle viscere come la sicurezza, non funziona su Twitter. Eppure è la più grande opera di trasporto pubblico che si va progettando a nord est, e mobilita un mucchio di miliardi. Pubblici. Ma in fondo, negli ultimi due anni, la Regione più che avere un ruolo di coordinamento ha dato l’impressione di assecondare le decisioni dei sindaci e delle associazioni di categoria, che hanno contrattato singolarmente con Rfi e i contraenti generali (Cepav Due per la Brescia-Verona e Iricav Due per la Verona-Padova) il prezzo del proprio consenso.
Vicenza è una caso emblematico. In cambio del via libera al raddoppio dei binari in città, un nodo storicamente irrisolto per oggettive difficoltà grografiche e urbanistiche, il sindaco Achille Variati e la Camera di Commercio, spalleggiati dalla Regione, hanno trattato direttamente con il ministero dei Lavori pubblici, allora guidato da Maurizio Lupi. Ottenendo una serie di opere che, se realizzate, muterebbero radicalmente l’assetto della città: l’abbattimento dell’attuale stazione in pieno centro, una nuova stazione in Fiera (lontana dalla città ma vicina alle aree della zona industriale che attendono lucrosi cambi di destinazione d’uso), un’altra ancora fra stadio e tribunale, accanto al discusso intervento edilizio di Borgo Berga.
«L’effetto è potenzialmente disastroso: i treni AV fermerebbero lontano dal centro, i treni regionali fermerebbero lontano dal centro, ed i treni regionali fermerebbero in un posto diverso dai treni AV» è il giudizio senza mezze misure dell’associazione Ferrovie a Nordest, fautrice di un progetto alternativo a basso impatto, basato sul modello delle S-Bahn tedesche, appoggiato da un ampio fronte di comitati e ambientalisti.
Per collegare la stazione Fiera al centro, ecco che si apre il capitolo “opere complementari”: un filobus e una nuova tangenziale interna, costruita sopra alla ferrovia da interrare. Poi c’è da risolvere il problema delle due nuove stazioni a rischio di allagamenti (P2 – pericolosità idraulica media in Fiera, P3 – pericolosità idraulica elevata al tribunale, fonte: Piano di assetto idrogeologico). Problema non da poco, in una città dove i muri portano ancora dentro l’umidità della disastrosa alluvione del 2010. Per portarle all’asciutto si propone un tunnel idraulico-viario sotto Monte Berico, sotto villa Valmarana ai Nani affrescata dai Tiepolo e a due passi dalla palladiana La Rotonda. Tunnel per ora solo sulla carta, ma che ha già fatto drizzare le orecchie all’Unesco che, a tutela dei tesori palladiani, ha chiesto al Comune copia di tutti i progetti.
Ma non basta. Per giustificare una nuova fermata Tav, serve dimostrare che l’opera disponga di un bacino di utenza potenziale molto ampio, almeno, si dice, 800 mila persone. Vicenza, però, di abitanti ne ha solo 115 mila. Il rompicapo lo ha risolto l’autore dello studio di fattibilità Gian Maria De Stavola, ingegnere già vicino alla Margherita e ora al Pd, stesso percorso del sindaco Variati, di cui De Stavola risulta tra i finanziatori della campagna elettorale 2013. Unendo tutti i luoghi da cui si raggiunge Vicenza Fiera in trenta minuti di auto, De Stavola ha tracciato un bacino talmente largo da comprendere le città di Padova e Verona. Ma quanti padovani e veronesi salirebbero davvero su un treno a Vicenza?
Stazioni nuove, dunque. Ma a chi farle progettare? Iricav Due ha affidato la consulenza per «adattare alla realtà locale le stazioni che saranno collocate in zona Fiera e a borgo Berga» allo studio di architettura di Flavio Albanese, nominato presidente della Fondazione Teatro Comunale di Vicenza, su proposta di Variati.
I profili ambientali sono delicati anche nella zona del Garda, dove il passaggio del super treno taglierebbe a metà il comprensorio delle colline moreniche. I primi oppositori lì sono i viticoltori del Lugana, che hanno denunciato la distruzione di 245 ettari di vigneti e una perdita di 12 milioni di fatturato, un quarto del fatturato annuo degli aderenti al consorzio che riunisce i produttori. Per finire con Padova, dove il sindaco Massimo Bitonci si è mosso a ruota del collega vicentino, firmando un protocollo d’intesa con Regione, Camera di Commercio e Confindustria per progettarre una stazione Tav a San Lazzaro, periferia est, che si andrebbe a sommare all’attuale, che resterebbe comunque aperta.
Così, campanile dopo campanile, si disegna la geografia a venire del Veneto. Con quattro fermate pur di non scontentare nessuno. Ma le risorse non sono infinite e prima o poi delle scelte andrebbero fatte. Meglio prima, se si può. Sarebbe interessante sapere che idee ha in proposito chi si candida a governare la Regione nei prossimi cinque anni.
Giulio Todescan