Cromosomi a mandolino - l'Italia da qui
L’impressione è quella di perdere i lacci.
Guardi il tuo paese da lontano e non riesci più a capire tanto bene come funziona. O quantomeno non ci riesci bene come prima. Sarà che è un universo complesso, fatto al contempo di Monti e di Corona; di peccatori vaticani e santoni da bar; di barconi e di crociere; ritrattazioni e accuse; di sì e di no sugli stessi argomenti, a volte con alle spalle le medesime argomentazioni. Un microcosmo che richiede dedizione, che non si fa interpretare dal primo che passa, che bisogna saper leggere tra le righe delle note a bordo pagina, nelle scritte sui muri dei cessi pubblici, a volte sugli striscioni in curva degli ultrà. Non basta mica sfogliare ogni tanto qualche blog e dare saltuariamente una sbirciata a Repubblica.it.
La testa dell’Italia concede sì la comprensione, ma pretende l’anima in cambio.
O forse mi sbaglio? Non ricordo più bene.
Resta comunque l’impressione di perdere i lacci, di essere un pezzo alla deriva dell’imbarcazione ormai distante, componente magari piccolo e secondario, tipo un portaburro, attraccato su isole lontane e proiettato entro altre portaburresche dinamiche, elemento ora a se stante, preso da altre questioni su diversa scala. ormai scialuppa a modo suo.
Poi però incontrando connazionali lungo la strada ti rendi conto di avercela sempre sotto gli occhi, l’Italia.
Ci metti un po’ a capirlo, è un cambio di prospettiva, come Street View di Google Maps: non hai davanti l’attualità, ma frammenti storicizzati del Paese, cose che erano lì prima, ci sono ancora e probabilmente resteranno anche domani. Sono esempi di genetica culturale nazionale, scorci di italianità. Ne trovi di ogni, dallo smargiasso cazzo-mi-frega alla testa brillante e timida fuggita da qualcosa e persasi per la strada; dal gretto e supponente allo sgamato e scaltro; dal pizzaiolo all’architetto; dal palermitano all’altoatesino. E ognuno si fa a suo modo archetipo, portabandiera, ambasciatore di pezzi di storia, cultura e tradizioni radicati a fondo che trapelano nei discorsi, nelle cadenze e nei dialettismi; patrimonio involontario che a volte si mostra fugace tra i movimenti delle mani.
Lasciando casa si porta con sé un bagaglio molto più ingombrante di quello che sta in valigia. L’impressione è quella di perdere i lacci, ma in realtà è prorio un pezzo d’Italia che si stacca e viene via con te.
Eliano Ricci